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Ava Adore – Smashing pumpkins (Non ci dobbiamo mai separare)

It’s you that I adore
You’ll always be my whore
You’ll be a mother to my child
And a child to my heart
We must never be apart
We must never be apart

Il rapporto, e la problematicità è duplice. Da chi non ci dobbiamo separare? Gli anni ’90 e il grunge, come genere musicale, hanno trasudato tossicità (bianca) da ogni accordo e non è un caso che i suoi più grandi miti fondatori siano morti prima del previsto. Kurt Cobain, Nirvana (suicidio), Layne Staley, Alice In Chains (overdose), Scott Weiland, Stone Temple Pilots (overdose), Chris Cornell, Soundgarden (suicidio). Non è difficile estrapolare tossicità da questo genere, non è difficile farlo neanche tramite chi invece è rimasto, come Billy Corgan degli Smashing Pumpkins.

Cosa dice, a noi due, Billy? Cosa dice di noi? Dice che ciò che adoriamo, ciò che rendiamo icona, simbolo, è ciò che ci avvelena e questo perché l’abbiamo allontanato, messo su un piedistallo staccato dalla terra dei nostri piedi. Oppure, molto più semplicemente perché l’icona è stata posta troppo in alto di modo che nessuno la possa toccare, che nessuno possa sputarci sopra. Abbiamo studiato troppa storia dell’arte per non sapere che la costruzione dell’icona porta in sé il germe della distruzione. La cancellazione di bocca e occhi per non guardarci (vedendo i nostri vuoti interiori) per non parlarci (lasciando solo l’eco nelle nostre gole appenniniche). Non possiamo separarci, non dobbiamo stare lontani. Sono obblighi, non richieste. Sono ricatti. Sono buchi nella braccia e non braccia aperte. Perché non-dobbiamo? Perché dobbiamo anche nel non-potere? Perché non abbiamo potere (?/!) La puttana madre dei mie figli, non sei tu. Con te non vorrei mai instaurare un rapporto del genere, non vorrei neanche chiamarti puttana e non per pudicizie da ex scuola cattolica, o per aggiornamento dello status delle sex workers. Non voglio che tra di noi, oltre il dualismo, ci sia ambivalenza. Che un giorno svegliandoci insieme, tu ti senta abbandonato. Non voglio un rapporto di forza, perché odio la palestra. Ho rifiutato per troppo tempo il controllo per diventare controllore. Non l’ho mai voluto, non saprei neanche come utilizzarlo e rischierei di spararmi su un piede o ferire chi mi sta vicino. Noi, non dobbiamo separarci nella misura in cui abbiamo capito che vogliamo stare insieme. Ma come affermare la nostra volontà se anche il nostro vocabolario è stato forgiato da parole di odio e manipolazione, se anche il nostro amore prevede il nostro odio? I momenti di dipendenza torneranno e allora mentre non sarò più in me e inizierò a cantare

Lovely girl, you’re the murder in my world
Dressing coffins for the souls I’ve left to die
Drinking mercury to the mystery
Of all that you should ever leave behind

tu, riportami a terra. Metti il limone nel caffè e fammi vomitare. Non è una richiesta d’aiuto nei limiti in cui ti viene dato il ruolo di salvatore e a me quello di vittima. È una chiamata. Sappi, che tutti questi anni universitari mi hanno reso inabile a qualsiasi altra prospettiva lavorativa mentre paradossalmente(?) forgiavano il mio spirito critico. Ho schizzofrenato il mio sapere e la mia volontà. Sappi che il mio spirito è debolissimo, come il tuo. Sappi che l’ambivalenza nella quale viviamo non è altro che la grande narrazione della resilienza e la resilienza non è altro che la voce del padrone che continua a chiederti di “non mollare”, “di crederci”. Credere alla visione della sua governance che, come dicevano Moten e Harvey, è una visione senza fondamento intrecciata nel tessuto coloniale. Non dobbiamo resistere, perché non è nostra questa guerra. Non ripareremo agli errori di altri, ma impareremo. Sto iniziando a capire qualcosa, una cosa: non posso sprecarmi, non posso sprecarci. Non possiamo andare costantemente verso ciò che ci distrugge perché la narrazione dell’autolesionismo è il prodromo del capitalismo, così come la narrazione redentiva è il contraltare consolatorio del fallimento del dio incarnato che non ha capito il contesto umano. Prendo questa frase di Billy cercandolo di liberarla dai suoi aghi: “And I’ll pull your crooked teeth/ You’ll be perfect just like me”.

Leviamoci i denti e saremo perfetti.

ERM